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Il giudice del lavoro punisce l’Amministrazione condannandola anche alle speseMATERA - Il Comune di Matera è stato condannato con una sentenza di venerdì scorso del Giudice del Lavoro per condotta antisindacale. L’Amministrazione era stata citata in giudizio dalla Cgil di Matera sulla questione che riguarda la clausola sociale nel nuovo bando degli asili nido.

Al termine di un botta e risposta infatti la Cgil chiedeva, anche se attraverso un evidente errore di data, un nuovo incontro al Comune che di fatto ignorava la richiesta. Il giudice del Lavoro chiarisce di non esprimersi sul merito ma sul metodo che è stato adottato dall’Amministrazione.
Certo l’idea di riaprire una discussione su una questione già invece
definita all’interno del bando lascia aperta la possibilità che si possa riaprire anche una discussione sul bando stesso. Un bando, tra l’altro, che per quanto si sa ancora non ha visto aprirsi le buste delle domande presentate e avviare confronto sull’assegnazione.
Nella sua decisione il giudice del lavoro dichiara la antisindacalità della cessazione unilaterale da parte del Comune di Matera della consultazione sindacale e ordina al dirigente comunale competente
per materia del comune convenuto di effettuare la convocazione del sindacato ricorrente in data concordata tra le parti per la riattivazione/
prosecuzione della consultazione sindacale sulle materie per cui è
causa e di astenersi, fino all'esaurimento del confronto, da iniziative unilaterali».
Inoltre «condanna il Comune di Matera al pagamento delle spese di lite sostenute da parte ricorrente, liquidate in euro 3512,50». Nella sua articolata sentenza il giudice del lavoro spiega poi nel dettaglio:
«nella riunione del 1 marzo 2018 le rappresentanti del comune, pur bocciando ogni ipotesi di modifica della clausola sociale come inserita nel nuovo bando, non hanno escluso "l'impegno dell'amministrazione comunale a valutare l'opportunità, dopo l'appalto, ad avviare un nuovo confronto per affrontare la questione delle lavoratrici rimaste fuori dalla clausola sociale". Sotto questo profilo la condotta unilaterale assunta
dal comune deve ritenersi oggettivamente lesiva dell'interesse collettivo sindacale a proseguire nelle trattative per un nuovo confronto inteso a tutelare la posizione delle lavoratrici rimaste fuori dalla clausola sociale, indipendentemente dalla fondatezza o dalla praticabilità in
concreto delle rivendicazioni del sindacato.

Le consultazioni avrebbero dovuto essere definite congiuntamente e potevano ritenersi concluse legittimamente solo all'esito di un ulteriore nuovo incontro, in cui si fosse dato atto reciprocamente della impossibilità di trovare una soluzione tecnico giuridica alle rivendicazioni del sindacato per le lavoratrici rimaste escluse.
Quella che si pone non è,in definitiva, una questione di merito ma

di metodo. Non esiste un numero massimo predeterminato legalmente o da qualsiasi altra norma degli incontri che è possibile tenere nel corso di consultazioni con i sindacati». Una spiegazione che chiarisce il paradosso per cui il Comune rifiuta qualsiasi ipotesi di confronto
con le organizzazioni sindacali.